giovedì 16 maggio 2019

Ryuuko no Ken Gaiden

Ryuuko no Ken Gaiden
龍虎の拳外伝 
The Path of the Warrior: Art of Fighting 3
1996
Coin-op, NeoGeo, NeoGeo CD, Wii Virtual Console
PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch
Developer: SNK Publisher: SNK

Cala il sipario sulla serie SNK che più di ogni altra di faceva sentire la potenza dei suoi pugni; Ryuuko no Ken torna nel 1996 e lo fa come era di moda fare in quel periodo: stravolgendo tutto.

Si dice che in Giappone, e in altre aree dell’estremo oriente, il numero 4 porti su di sé la sventura (da qui il termine Tetrafobia) dato che si pronuncia in modo molto simile a “morte”, ma nel caso di SNK pare che il numero sfortunato sia il 3. A guardare le sue serie di picchiaduro infatti, più di una è scivolata sulla sua terza iterazione: Garō Densetsu 3 e Samurai Spirits: Zankuro Musouken, nell’annata precedente, avevano messo in seria discussione la stabilità delle rispettive saghe, e curiosamente anche Ryuuko no Ken inciampa sulla “prova del 3”. Il suo scarso successo decreterà la fine della saga di Ryo e Robert, non tanto per sue colpe, quanto per i tempi che inevitabilmente stavano cambiando, con Art of Fighting rimasto concettualmente a retaggio di un’epoca già lontana.

Anticipando di qualche anno Garou: Mark of the Wolves, Ryuuko no Ken Gaiden butta al macero tutto il cast dell’episodio precedente lasciando come superstiti i soli due protagonisti, a cui andranno ad aggiungersi otto nuovi combattenti. I collegamenti al passato tuttavia non mancano, per vie parentele (Kasumi Todoh, figlia di quel Todoh visto nel primo capitolo), oppure tramite il solito collegamento maestro-discepolo (Jin Fu-Ha, che vuole uccidere il suo maestro Eiji Kisaragi). Nelle cut-scene, diverse in base al personaggio scelto, è possibile scorgere anche un’inedita Yuri in veste casual
Tolta Kasumi, che troverà collocazione in King of Fighters, gli altri volti nuovi di questo Gaiden sono tutti abbastanza dimenticabili, sia nel concept quanto nel design. Non che abbiano qualcosa di particolarmente sbagliato (come quelli di Savage Reign), ma di certo oggi in pochi rimpiangono figuri del calibro di Rody Birts o Wang Koh-San, giusto per fare due nomi.

Sul fronte del giocato, SNK ci spinge, come ormai ci ha abituato, a fare tabula rasa del passato e ad imparare nuove meccaniche mai viste prima, alcune delle quali influenzate dai picchiaduro 3D come già accaduto con Real Bout: FatalFury, e non stiamo parlando del ring-out. Art of Fighting 3 tenta infatti un approccio ancora più realistico alla lotta, con salti più contenuti, possibilità di colpire un avversario atterrato (per alzarsi velocemente bisogna premere i tasti) e combo di normal pre-calcolate con juggle annesse. Tutti elementi tipici dei giochi di lotta 3D, a cui però si aggiungono le immancabili special, le desperation move, la caratteristica provocazione che abbassa la power gauge avversaria, insomma tutta la componente delle lotte bidimensionali che va a plasmare così un picchiaduro ibrido, diverso da qualunque altro. 

All’atto pratico Ryuuko no Ken Gaiden potrebbe apparire abbastanza lento rispetto alla frenesia che prendeva sempre più piede in altri esponenti del genere, da King of Fighters alla sere di Street Fighter Zero, e l’efficacia delle special viene ridimensionata a favore di sequenze di normal, rischiando di rendere il gioco ripetitivo sul lungo periodo. Tra le novità un po’ nascoste, vale la pena segnalare la possibilità di sconfiggere l’avversario già al primo round, effettuando una desperation nel momento in cui anche l’avversario dispone di poca vita, mentre nei cabinati era presente un sistema di orologio interno che permetteva ai personaggi di poter eseguire le suddette desperation move ininterrottamente, nel giorno del loro compleanno!

Graficamente Ryuuko no Ken Gaiden è qualcosa di poderoso, tra le cose più belle viste sul Neo Geo. Gli sprites dei personaggi sono al solito enormi ma al contrario del passato, i loro movimenti appaiono fluidi e realistici, questo grazie all’ausilio del rotoscope, tecnica già utilizzata in campo videoludico in giochi come Prince of Persia e Another World, tra gli altri. Che dire poi degli sfondi, l’ultimo capitolo della serie porta avanti la tradizione artistica di SNK elevandola se possibile ad un livello ancora superiore, con poche (una decina, contando il ciclo giorno-notte) ma suggestive ambientazioni, con in particolare le rovine acquatiche che svettano sul resto. Di buonissimo livello, e ancora un po’ “old-style” per il 1996, la colonna sonora, che spazia in vari generi. The Path of the Warriors: Art of Fighting 3 è un gran gioco, intendiamoci, e non merita l’oblio nel quale è andato inesorabilmente incontro. 
Ha i suoi difettucci, una certa crisi di identità e un roster di nuovi personaggi ben poco accattivante, ma tecnicamente sa il fatto suo e può regalare qualche ora di sano divertimento, a patto di entrare bene nei suoi meccanismi. Tutto sommato un degno saluto per la saga.

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