Street Fighter Zero
ストリートファイター ゼロ
Street Fighter Alpha: Warriors' Dream
Street Fighter Alpha: Warriors' Dream
1995
Coin-op, PlayStation, Sega Saturn, Windows, Game Boy Color, PlayStation Network
Coin-op, PlayStation, Sega Saturn, Windows, Game Boy Color, PlayStation Network
Developer: Capcom Publisher: Capcom
Noritaka Funamizu, Haruo Murata, Hideaki Itsuno (Designer)
Iyono Pon (Producer)
Iyono Pon (Producer)
Naoaki Iwami, Yuko Kadoka, Naoshi Mizuta, Setsuo Yamamoto, Syun Nishigaki (Composer)
Dopo oltre 4 anni di Super, di Turbo, di Super Turbo e compagnia cantante, finalmente Street Fighter si rinnova: nuova grafica, nuovo design, nuove meccaniche. Si riparte da ZERO, o quasi, in un processo generale di ringiovanimento. Capcom si tinge di anime e addolcisce i suoi World Warriors, fermandosi però a qualche passo dal compimento.
Nel 1995 le console di nuova generazione sono già realtà (eccetto il Nintendo 64), pronte per essere conquistate con i loro fiammanti 32-bit. Namco da una parte e Sega dall’altra si davano già battaglia a distanza sul fronte tridimensionale, nella costante ricerca di conversioni casalinghe all’altezza di una sala giochi. L’arcade perfect è ancora un sogno (costosi sogni chiamati Neo Geo AES e, per i giapponesi, Sharp X68k) e lo sarà ancora a lungo, per Capcom come per le altre, ma il passo avanti tecnologico rispetto alla generazione 16-bit è comunque importante.
L’anno
precedente, il primo Darkstalkers aveva lasciato a bocca aperta per la sua
bellezza visiva, con la fluidità delle sue animazioni e i suoi colori
sgargianti sembrava di toccare con mano un vero cartone animato e qualche mese
dopo, seppur con un impatto commerciale minore, X-Men: Children of the Atom
continuò su quello stile, enfatizzando oltremodo la frenesia dei combattimenti.
Con una CPS-II ormai collaudata i tempi per Capcom sono dunque maturi per
rilanciare il suo fighting game di punta, indugiare oltre potrebbe essere
deleterio considerata la massiccia offensiva del fronte SNK.
Street Fighter Zero, ribattezzato in occidente Street
Fighter Alpha: Warriors' Dreams, si svolge cronologicamente prima del secondo
capitolo, ma dopo il capostipite, con Sagat già sconfitto da un giovane Ryu. In
questa prima parte della trilogia Zero la storia è però praticamente
inesistente, limitandosi ad alcune scenette per le ending prive di particolare
importanza, al punto che il sequel che uscirà l’anno successivo fungerà anche
da reboot narrativo del suo predecessore. Ciononostante Street Fighter Zero
si attribuisce l’importanza di inaugurare il definitivo incontro della saga con quella
di Final Fight: in modo simile a quanto fatto da SNK con The King of Fighters,
Capcom converge le due amate serie in un unico universo narrativo, celebrato
dall’innesto di personaggi come Guy e Sodom. Considerato che Final Fight fu
concepito come il sequel del primo Street Fighter (inizialmente doveva infatti
chiamarsi Street Fighter ’89), il matrimonio non risultò forzato ma anzi più
che mai naturale.
L’illustratore Bengus dona un tratto maggiormente anime ai personaggi rispetto a quanto visto in precedenza con Akira “Akiman” Yasuda, e l'ulteriore supporto del disegnatore Edayan la stessa linea artistica sarà seguita anche da Zero 2, Zero 3, la serie EX e quella di Rival Schools con cui Street Fighter condivide una sorta di gemellaggio.
Ryu e soci appaiono così “addolciti” e meno incazzosi, con un’atmosfera epurata dalle facce insanguinate degli sconfitti ma anzi alleggerita dall’arrivo di personaggi a tratti goliardici come Dan Hibiki, nato come parodia di Ryuuko no Ken e qui presente come personaggio segreto, per poi proseguire nei sequel con Sakura, Karin e altri.
Chiave concettuale del design di SF rimane sempre la semplicità, l’immediatezza, ciò permette alla saga di mantenere una sua identità, adesso (nel 1995) più che mai in mezzo a valanghe di concorrenti. Per fare un paragone, Athena Asamiya appare come una normale ragazzina vestita alle volte alla cinese alle volte da idol, non si può carpirne il suo potere psichico semplicemente guardandola. Athena della SNK è figlia degli anime e dei majokko, caratterizzati dai personaggi dalla doppia anima; al contrario quelli di Street Figher sono sempre esattamente ciò che appaiono, in casa Capcom l'apparenza non inganna. Adon lo capisci al volo che tipologie di mosse effettuerà, Nash (Charlie) è chiaramente un clone di Guile, lo vedi dalla postura o dallo stage con l’aereo, lo intuisci. La sciarpa di Rose lo sai che verrà utilizzata in qualche modo, altrimenti non sarebbe lì, nel gioco Capcom non si inseriscono elementi di contorno privi di una qualche funzione. Tale filosofia andrà perdendosi con il terzo capitolo, e in parte con il quarto, ma questa è un’altra storia.
Se in Zero gli sprites dei personaggi si presentano più
grandi e splendidamente realizzati, lo stesso non si può dire per gli sfondi,
che denotano una svogliatezza raramente riscontrata in Capcom, a partire dal
loro esiguo numero rispetto anche a Street Fighter II, nel quale ognuno aveva il suo
personale stage. Laddove possiamo trovare un senso al fatto che Adon combatta
nello stesso luogo di Sagat, non si capisce perché Rose debba dividersi il Colosseo con Birdie (per quanto apprezzato omaggio a Way of the Dragon), o che dire di Ryu che lo si incontra nella medesima
anonima stradina di Guy. Colpisce poi in negativo la piattezza di certi
fondali, su tutti la muraglia cinese di Chun-Li, che davvero non reggono il
confronto non solo con quanto visto in titoli contemporanei, ma neanche
con il suo illustre predecessore.
Fortunatamente quello di cui parliamo non è un quadro ma un videogioco, e Street Fighter si ripresenta con il solito, eccellente gameplay che da sempre lo contraddistingue. Dall’ultima incarnazione del suo predecessore preleva la barra super, stavolta divisa in 3 tacche, mentre da Vampire estrapola sia la parata aerea che le chain combo, graditissime aggiunte che rendono SFZ un picchiaduro frenetico e al passo con i tempi. Altra aggiunta è un sistema di counter, effettuabile immediatamente dopo aver parato un colpo avversario, in cambio di uno stock della barra. Per quanto riguarda le musiche, queste spaziano tra brani classici arrangiati sempre di dicreto impatto, a nuovi brani per i rispettivi nuovi personaggi che ben si difendono, anche se in base ai propri gusti può piacere o meno il tono “sedicibittiano” che permane nel comparto sonoro.
Street Fighter Zero si presenta così nel 1995 come un titolo
a tratti incompleto, tanto curato sotto il profilo del gameplay cui farà da base
per i capitoli successivi con delle essenziali novità, quanto scarno e
svogliato nella cura del roster e del background scenografico più in generale.
L’eliminazione di alcuni dei più noti World Warriors come Blanka, Dhalsim
e co. non andrà giù a molti fan e Capcom correrà subito ai ripari confezionando
un sequel di ben altro livello. Perché no, Nash non può essere Guile né
tantomeno Birdie può sostituire uno Zangief, e non ci voleva un genio del
marketing per capirlo.
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