Pur non raggiungendo la profondità di scrittura dei Danganronpa principali, accusando una certa frammentarietà tra fasi di sparo e cutscene, questo gustoso survival game psichedelico riesce mirabilmente a mantenersi del tutto coinvolgente, non solo nel suo approfondire lo scenario narrativo della serie, ma anche nello sviluppare con efficacia le dinamiche interne tra i personaggi. Ultra Despair Girls mette in scena una vicenda di violenze e (op)pressioni infantili dove a far paura non sono tanto i Monokuma assassini, quanto piuttosto il baratro morale verso cui può precipitare l’animo umano.
Komaru Naegi è una ragazza normale, come se ne possono trovare in un qualunque liceo, ma un giorno viene portata via dalla sua famiglia, e rinchiusa in un appartamento dal quale, per oltre un anno, non riesce a uscire. Per tutto questo tempo cibo ed elettricità non mancano mai, ma una mattina, quando Komaru sembra ormai rassegnata alla sua prigionia, qualcuno improvvisamente sfonda la sua porta di casa.
La sua felicità lascia presto posto al terrore quando scopre che al di là della porta non c’è un salvatore, ma un feroce orso in bianco e nero con intenzioni omicide.
La ragazza si precipita disperatamente verso gli ascensori, da dove arrivano alcuni agenti della Future Foundation, capeggiato da un ragazzo biondo di nome Byakuya Togami, che usando una Hacking Gun, una pistola a forma di megafono, spara una sfera di energia elettromagnetica che distrugge il Monokuma.
Gli agenti però subiscono un assalto da parte dei Monokuma irrompe nell'edificio, Byakuya affida così a alla ragazza un'Hacking Gun, dicendole di cercare gli altri agenti che l'avrebbero portata al sicuro.Una volta all’esterno, Komaru scopre una città in preda alla disperazione, dove i bambini che controllano i Monokuma danno la caccia spietata a tutti gli adulti.
Togliamoci subito il pensiero: in questa inedita digressione da shooter in terza persona, Danganronpa non sembra reggere benissimo la sua durata, risultando, paradossalmente, meno scorrevole rispetto ai due capitoli che l’hanno preceduto. In un’avventura investigativa dalla spiccata impronta da visual novel giapponese, quali sono i primi due Danganronpa, sei bene o male preparato a leggere molto e sai a cosa vai incontro, al contrario in Ultra Despair Girls il gusto di sparare ai Monokuma si alterna a fasi di dialogo tendenti a mantenere una forte accentuazione e conseguente minutaggio da romanzo visivo, con il rischio di apparire più prolissi di quanto non siano in realtà. Il risultato è un’esperienza un po’ spezzata e poco coesa: quando hai solo voglia di sparare ecco che parte il dialogo da un quarto d’ora al primo incrocio, e quando sei ormai preso dalla storia arriva comunque il momento di sparare a decine di Monokuma e risolvere i puzzle Monoku-Man, simpatici intervalli tra una fase d'azione l’altra.
Fortunatamente, i “difetti” di Ultra Despair Girls finiscono qui, nonostante l’inesperienza di Spike, ora Spike Chunsoft, in ambito di giochi tridimensionali, il sistema di sparo si dimostra sufficientemente preciso, e anche nell’ottica di un’esperienza portatile, dopo un iniziale rodaggio sull’utilizzo dei comandi, lo shooter si fa giocare con piacere. Le tipologie di sparo in dotazione all’Hacking Gun, gli enigmi ambientali e i vari “modelli” di Monokuma conferiscono al gioco una buona dose di situazioni, riuscendo a far incontrare il genere action/post-apocalittico con le peculiarità della serie di Danganronpa.
Intanto occhio a definirlo spin-off, Danganronpa Another Episode non solo porta avanti gli eventi del primo capitolo con la solita, attenta cura descrittiva, ma per la prima volta la serie ci priva del nostro stato di reclusi catapultandoci per le strade, per farci così vivere in prima persona lo strascico di quella “Tragedia”, di caos e violenza, che ha sconvolto il mondo.
Tuttavia, con la sconfitta dell’Ultimate Despair Junko Enoshima, le sorti globali della “guerra” vertono ora in favore della Future Foundation, l’organizzazione nata con lo scopo di contrastare la Disperazione e di cui fanno parte i sopravvissuti della 78° Classe della Hope’s Peak Academy. Towa City, isolata e futuristica città controllata dall’influente conglomerato Towa Group, è però teatro di una sua tragedia interna, provocata dai Warriors of Hope e dal loro esercito di Monokuma e Monokuma Kids, bambini mascherati che uccidono senza pietà qualunque adulto incontrino.
Snodando quindi in maniera non convenzionale un intreccio che come di consueto si rivela semplice soltanto in superficie, Spike Chunsoft ripropone gli stilemi tipici della serie impostando il tutto come un assurdo survival game, calibrando la suspense per assumere progressivamente i tratti di un incubo premeditato. Kazutaka Kodaka rincara la dose mettendo questa volta in scena dei bambini disillusi, maltrattati o sfruttati dal mondo degli adulti (agghiaccianti le lettere della madre di Kotoko Utsugi, seriamente convinta di fare del bene a sua figlia facendola prostituire), e per questo rapiti dall’influenza di Junko Enoshima; nei suoi spunti allegorici su disfunzioni familiari e instabilità interiori, il ritratto di irrefrenabile disgregamento sociale si eleva a raggelato ed impietoso resoconto della genesi di un orrore a macchia d’olio che fa capo ad una concezione di lucida follia, ben rappresentata dal personaggio di Monaca, artefice e mente dietro i Warriors of Hope, che sfrutta con estremo cinismo la ormai distorta visione della vita di un gruppo di bambini prodigio.
Komaru Naegi è la normalità, la ragazza ingenua e ordinaria che si fa largo tra cumuli di cadaveri sopra i quali ballano e cantano bambini mascherati, vittime però anche loro di un Mastermind, trovando in Toko Fukawa un’alleata di certo non comune, divisa tra le sue due personalità, una scrittrice sociopatica tutt’altro che semplice da trattare, e un serial killer armata di forbici.
Ma è proprio questo il bello di Danganronpa, la “strana coppia” funziona proprio per le sue divergenze caratteriali, e fa un certo effetto, per chi viene dal primo capitolo, vedere Toko “spronare” quando è il momento di farlo, una Komaru schiacciata tra la pressione di una situazione assurda e il confronto con un fratello, la "Speranza che ha sconfitto l'Ultimate Despair", già eroe mondiale. I dialoghi di Ultra Despair Girls sfruttano, servendosi anche di situazioni spesso sopra le righe quando non proprio comici come ormai la serie ci ha abituati, i soggetti più eccentrici per definire l’azione e la coinvolgente tensione emotiva che scandiscono lo svolgimento, fino agli inevitabili colpi di scena di un capitolo finale al cardiopalma che scardina l’equilibrio della protagonista e del giocatore.
Cambia quindi il genere ma non il risultato, Kodaka e i suoi colpiscono di nuovo nel segno, e c’è chi dice che PlayStation Vita non aveva giochi..
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