lunedì 8 ottobre 2018

Biohazard 3: Last Escape

Biohazard 3: Last Escape
バイオハザード3 LAST ESCAPE 
Resident Evil 3: Nemesis
1999
PlayStation, Windows, Dreamcast, GameCube, PlayStation Network
Developer: Capcom Publisher: Capcom
Kazuhiro Aoyama (Director), Shinji Mikami (Producer)
Yasuhisa Kawamura (Writer), Masami Ueda, Saori Kaeda (Composer)

Lo scrittore in erba Kawamura prende a riferimento i suoi film preferiti, Alien, Terminator 2, sa che lo zombie non funziona più, serve altro tipo di terrore e Biohazard necessita di svecchiamento, ma l’hardware è sempre il medesimo del 1996, e affanna. Last Escape è dunque un Resident Evil imperfetto, che tenta di mascherare le sue origini di spin-off introducendo alcune idee interessanti senza però riuscire a scrollarsi del tutto un certo alone di marginalità, stretto tra il suo amatissimo predecessore e le nuove console che avanzavano minacciose.

È pensiero comune considerare il quarto capitolo della saga horror di Capcom quello della “svolta action”, in realtà ad una attenta analisi si realizza quanto questa avesse già intrapreso, sotto la supervisione di Hideki Kamiya come in quella di Yoshiki Okamoto, dei decisi passi verso quella direzione, in controtendenza ad una visione di “horror puro” mai realizzata da parte dello scrittore Yasuhisa Kawamura, qui debuttante con la serie degli zombie. Biohazard 3 è frutto di un’epoca movimentata per l’azienda di Osaka, che in seguito al trionfo del secondo episodio avvia lo sviluppo di più Resident Evil, nella fattispecie uno spin-off per PlayStation denominato 1,5, un prequel per il Nintendo 64 (lo Zero, slittato poi su GameCube), un nuovo capitolo per il potente Sega Dreamcast (Code: Veronica) e infine il vero terzo episodio diretto da Kamiya, quello più importante. L’annuncio in pompa magna della PlayStation 2 da parte di Sony modifica i piani di Capcom, che decide così di dirottare il progetto di Kamiya sul nuovo hardware ribattezzandolo Biohazard 4 (ma che diventerà poi Devil May Cry) e “promuovere” lo spin-off a capitolo numerato, il tutto sotto l’attenta supervisione di Shinji Mikami.


Si può affermare quanto l’aggiunta di un “3” dinnanzi al titolo non abbia in realtà cambiato molto quelli che erano i presupposti e le basse ambizioni tecniche di Last Escape, che si poggia senza tanta vergogna sul motore grafico del suo predecessore. A cambiare sono però piani di marketing e aspettative del pubblico, Kawamura è dunque costretto a cestinare la sceneggiatura iniziale, che prevedeva una storia ambientata su una nave da crociera (idea poi ripresa per Resident Evil Revelations), e sostituirla con la fuga da una Raccoon City devastata con protagonista Jill Valentine. Lo scrittore ed ex assistente di Yukito Kishiro (Alita) si ritrova quindi con un certo stupore a prendere le redini di un Biohazard principale, senza avere molte conoscenze della serie (giocò in fretta il primo capitolo) né ricevendo grande supporto da parte dei suoi senpai, impegnati su altri fronti.
La vicenda di Resident Evil 3 dal punto di vista narrativo non risulterà nulla di memorabile, ma la colpa non fu tanto di Kawamura quanto piuttosto di un materiale di partenza già debole di suo; il fatto che cronologicamente si svolga in contemporanea con il precedente capitolo rende la storia meno interessante e poco soggetta a colpi di scena, i dialoghi sono come sempre ridicoli e non aiuta il fatto che Jill Valentine non sia proprio questo chissà che di personaggio, una tipica pin-up scosciata anni novanta, che ebbe il solo scopo di accaparrarsi un buon numero di copertine di riviste nel corso del 1999 in concorrenza all'allora onnipresente Lara Croft.


Va poi considerato che il 1999 fu un anno di svolta per il genere dei survival horror su PlayStation, grazie all’imporsi di due nuovi nomi: Dino Crisis, dello stesso Shinji Mikami, prendeva la formula di Biohazard e la catapultava in un ambiente totalmente tridimensionale, ponendosi su un livello tecnico superiore rispetto ai fondali pre-renderizzati della serie horror con gli zombie, anche se le limitazioni hardware costrinsero gli sviluppatori ad utilizzare solo ambienti interni (e infatti per la giungla del sequel torneranno alla vecchia maniera). Ma è soprattutto il Silent Hill di Konami ad irrompere improvvisamente come una valida alternativa agli zombie di Capcom, il capolavoro di Keiichiro Toyama, con la sua narrazione decisamente più votata all’aspetto psicologico del genere horror e alla scrittura di personaggi di spessore, crea un solco qualitativo inaspettato che rischia di far apparire Last Escape, alla sua uscita, putrefatto quanto i suoi stessi zombie.
La scelta di rimanere ancorato agli sfondi pre-renderizzati si dimostra tuttavia esteticamente azzeccata, rispetto agli asettici corridoi di Dino Crisis e alle strade di Silent Hill diligentemente celate da una fitta nebbia, la Raccoon City messa a ferro e fuoco di Resident Evil 3 straborda di dettagli e particolari, cumuli di immondizia, vetri rotti, auto in fiamme, atti a creare un efficace scenario di devastazione con un risultato per l’epoca irrealizzabile in un gioco interamente poligonale.


Il rovescio della medaglia è un’esplorazione mai prima d’ora così lineare, con quel backtracking che ha caratterizzato i primi due episodi notevolmente ridotto; Villa Spencer e il dipartimento di polizia non erano solo luoghi in cui muoversi ma veri e propri puzzle da risolvere tra chiavi, gemme annesse e passaggi segreti, quella “sensazione di completamento” che il giocatore avvertiva una volta aperte tutte le porte e aver accesso a tutte le stanze, era in un certo senso essa stessa parte del divertimento di Resident Evil, aspetto che il terzo episodio limita promuovendo un’esplorazione mordi e fuggi, più simile a quella dei capitoli più recenti. Ciò è dovuto certamente alla storia stessa che vede Jill impegnata a fuggire al più presto da Raccoon City (sarebbe invero assurdo vederla cazzeggiare con statue e quadri), ma soprattutto all’implementazione del Nemesis, nemico invincibile in grado di apparire quasi ovunque e senza preavviso. Ispirato al T-1000 di Terminator 2, con il Nemesis Mikami e Kawamura hanno cercato di introdurre un nuovo tipo di terrore (seppur concettualmente preceduto dallo Scissorman di Clock Tower), differente dai programmati jump scare dei precedenti episodi, un terrore flebile ma perenne, che ha lo scopo di mantenere sempre alta la tensione. In effetti se vi è un difetto attribuibile a Biohazard 2 è quella situazione che porta, compiuta “piazza pulita” di zombie nei vari corridoi, all’esaurimento di qualsivoglia orrore e pericolo, con il protagonista in grado di gironzolare liberamente; con questo capitolo si è cercato di rimediare a questa debolezza nel design rigenerando zombie in modo casuale e soprattutto introducendo un nemico in grado di apparire ovunque, in qualunque momento, sfondando una parete o una vetrata.


Altra caratteristica di questo terzo episodio sono le scelte multiple durante alcune cut-scene, che possono portare a differenti finali, decisioni che per lo più possono portare alla morte di X o alla sopravvivenza di Y, dato che non c'è modo di evitare la distruzione di Raccoon City. Una scelta di design che dovrebbe andare ad aumentare la rigiocabilità, per non sfigurare dinnanzi alle due distinte campagne del precedente episodio, ma che a conti fatti si dimostra abbastanza trascurabile data l'inconsistenza dei personaggi secondari, dei quali ci frega ben poco.
La schivata e la virata di 360° ora a disposizione di Jill per combattere nemici sempre più agili non sono che quei primi passi, accennati all’inizio, che porteranno la saga verso il puro action, nonostante Kawamura, con il suo alleato Hiroshi Shibashi, avesse ben altre intenzioni con Biohazard 4, ossia virare verso il paranormale, come dimostrano le demo “Castle” e “Hallucinacion”, prima che Mikami ne riprendesse le redini creando il Resident Evil 4 arrivato trionfalmente nei negozi nel 2005.

1 commento:

  1. Sono d'accordo con la tua recensione. A mio giudizio la parte prettamente zombie finisce degnamente con il secondo capitolo (tanto che l'iniziale progetto per il terzo capitolo, il famigerato resident evil 2.5, doveva concludere definitivamente la saga), questo terzo capitolo comincia quel cambiamento prettamente action che sarà portato a termine con il quarto capitolo. Comunque considerando i millemila seguiti e progetti secondari sempre più brutti rimane un capitolo abbastanza dignitoso per il brand (anche grazie a un villan carismatico come pochi).

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