WonderSwan Color, PlayStation, Game Goy Advance, PlayStation Portable
iOS, Android, Windows, PlayStation 4, Nintendo Switch
I quattro Cristalli del Potere controllano e regolavano i rispettivi elementi, Terra, Acqua, Fuoco e Vento, diffonendo con la loro luce pace e armonia nel mondo. Un triste giorno però la luce dei cristalli si esaurì e l'ordine naturale del pianeta irrimediabilmente alterato; il male inizia a diffondersi sulla Terra e i mostri imperversano ovunque seminando il caos costringendo gli umani a ripararsi tra le mura delle città. Prima di partire per il Lago Crescente per unirsi ai grandi Saggi, Lukhan il Profeta annuncia ai cittadini di Cornelia l'arrivo di quattro eroi leggendari che avrebbero lottato contro il male e ripristinato la pace e l'armonia. Questi quattro eroi sono i Guerrieri della Luce.
Hironobu Sakaguchi e Hiromichi Tanaka lasciano entrambi la Yokohama National University nel 1983, attratti da nuovi stimoli; non molto distante da Yokohama c'era infatti un negozio di informatica, dove gli studenti e i programmatori in erba potevano utilizzare i computer, una sorta di internet café ante litteram.
Sakaguchi con queste parole si riferisce a Masafumi Miyamoto, figlio del proprietario della Den-Yu-Sha, compagnia di impianti elettrici ("Den" e "Yu" sono rispettivamente i caratteri cinesi di "elettricità" e "amica"), e quindi titolare di quella piccola attività ad essa affiliata. Miyamoto non era un esperto programmatore, era semplicemente un giovane laureato con fiuto per gli affari, intuendo in quel momento le potenzialità del crescente mercato dei videogiochi ("non capisco come funzionano i computer, ma capisco come dovrebbe essere un buon gioco per computer"); assume quindi part-time una decina di programmatori e designer tra coloro che frequentavano il locale, tra cui Hironobu Sakaguchi, Hiromichi Tanaka e Hisashi Suzuki (futuro CEO), battezzando il gruppo "Square". I primi videogiochi realizzati, The Death Trap e il suo sequel Will: The Death Trap 2, vanno soprendentemente bene, riuscendo a piazzare circa 100,000 copie su PC-88 e FM-7, i computer di riferimento. L'intuizione di Masafumi Miyamoto risiede nella valorizzazione di figure professionali quali artisti e scrittori, all'epoca estranee allo sviluppo di videogiochi, attività prerogativa per soli "smanettoni di computer"; l'assunzione di artisti dalla prestigiosa Keio University (come Hiromi Nakada, la prima donna del team) e la scoperta delle doti narrative di Hironobu Sakaguchi, daranno un'impronta decisiva all'identità della compagnia.
Il debutto su console però non sarà altrettanto positivo, con la conversione di Thexder Square sottovaluta l'enorme competitività presente su Famicom nonché le differenze con l'ambiente PC, come ricorda Suzuki: "abbiamo iniziato questa attività con la serie PC-8800 di NEC e pensavamo di essere all'avanguardia delle tecnologie informatiche", ma si sbagliavano. Il vantaggio tecnico di Square riguardava la sua rapidità nel realizzare la grafica, di conseguenza si era concentrata fino a quel momento su avventure grafiche e testuali, rendendo Will: The Death Trap un successo commerciale. Di contro, il Famicom non era paragonabile ai PC in termini di versatilità e flessibilità di configurazione, il suo sviluppo richiedeva una concentrazione maggiore sull'elaborazione grafica da parte di CPU personalizzate, oltre alla padronanza dell'uso degli sprites, tecnica già ampiamente utilizzata da Namco, Capcom e le altre compagnie di successo, ma non da Square.
Questo passo falso non impedisce tuttavia a Square, ora indipendente, di continuare a sviluppare, anzi, il numero di giochi aumenta notevolmente e con esso il fatturato, che sfiora i 3 miliardi di yen, permettendo alla società di affittare un ufficio nel cuore di Ginza. Del resto, nel pieno del boom economico giapponese, Nintendo, le terze parti e i distributori ad essi legati accumulano fortune, spingendoli a sfornare una serie di giochi di bassa qualità. Square non fa eccezione, dagli appena due giochi pubblicati nel 1985 passa a cinque nel 1986, e ben tredici nel 1987, con diversi team che lavorano in parallelo. La qualità però ne risente e con essa anche i margini di profitto, l'affitto per l'ufficio di Ginza comincia a diventare un peso.I consumatori iniziano a stufarsi dei soliti giochi di stampo arcade tutti uguali e il mercato giapponese subisce una flessione nel 1986. L'anno successivo Square è costretta a prendere una decisione difficile, si trasferisce in un modesto ufficio a Ueno, il vecchio centro di Tokyo, licenziando metà del personale. Ne rimangono una trentina, tra questi emergono Kazuko Shibuya, le cui doti artistiche si erano distinte in Alpha (1986, sopra), Koichi Ishii, tra gli ultimi grafici arrivati, Nobuo Uematsu, commesso di un negozio di musica che i ragazzi di Square erano soliti frequentare, scovando un abile compositore, e Akitoshi Kawazu, designer appassionato di videogiochi di ruolo come Ultima e Wizardry.
Sarà proprio a quest'ultimo che si rivolgerà Sakaguchi: "e se realizzassimo un gioco di ruolo?". Ci sono i designer, gli scrittori, il compositore adatto, la passione. C'era effettivamente tutto, ma non il via libera della società, che non vedeva di buon occhio lo sviluppo di un RPG, con i tempi di programmazione che questo genere richiedeva e le poche garanzie di vendita. Gli RPG venivano sviluppati, da aziende come Nihon Falcom e T&E Soft, principalmente su PC, dove si poteva salvare la partita e dove, a loro dire, c'era il pubblico più specifico, diverso da quello console.
Fortunatamente per Sakaguchi e soci, alle soglie dell'estate del 1986 il mercato giapponese subisce un nuovo scossone, esattamente quello che gli serviva per uscire dal torpore e farlo entrare in una nuova fase; l'azienda Enix, che fino a quel momento aveva realizzato solo piccole avventure per computer come Door Door e Portopia Renzoku Satsujin Jiken (1983), rispettivamente di Koichi Nakamura e Yuji Horii, pubblica nel 1986 un gioco di ruolo per MSX e Nintendo Famicom dal titolo Dragon Quest. Le vendite inizialmente non sono eclatanti, ma grazie al passaparola, ai numerosi articoli Shonen Jump (curati dallo stesso Yuji Horii, con buona pace del conflitto di interessi) e al suo design accattivante a cura del già famosissimo mangaka Akira Toriyama, il successo aumenta in modo esponenziale nei mesi successivi al lancio, rendendolo uno dei videogiochi più popolari di sempre. Il Giappone letteralmente impazzisce scoprendosi affamato di combattimenti a turni, mostri e avventure, Enix mette subito in cantiere il sequel che uscirà l'anno successivo, ma tutte le grandi aziende salgono sul carro, nasce una nuova mania che di certo non sfugge agli uffici Square: Dragon Quest è la prova che il genere poteva funzionare anche su console, eccome.
Ottenuto il via libera dall'azienda, Hironobu Sakaguchi mette insieme il team, secondario rispetto a quello con a capo Hiromichi Tanaka, in tutti i sensi: 7 persone contro 20. Il morale è basso e c'era davvero questa sensazione di "o la va o la spacca". "Il nome Final Fantasy era una dimostrazione della mia sensazione che, se non fosse andato bene, avrei lasciato l'industria dei giochi e sarei tornato all'università. Avrei dovuto ripetere un anno, quindi non avrei avuto amici: era davvero una situazione "finale". Un aiuto prezioso arriverà da un gaijin, Nasir Gebelli, brillante programmatore iraniano-americano che si era fatto un nome nell'ambiente Apple II. Sakaguchi lo ricorda come se in azienda fosse arrivato un fuoriclasse, anche se parlava poco o nulla il giapponese e non capiva nulla di RPG e delle loro regole; alla richiesta "I punti ferita del personaggio scendono a questo punto" lui rispondeva "Cosa sono i punti ferita? Se viene colpito, perché non cade semplicemente?". Quando però si trattava di programmazione era un genio e il suo fondamentale contributo nella creazione di Final Fantasy è ancora oggi sottovalutato, a lui si devono feature importanti come navi e aeronavi, assenti in Dragon Quest, e trova anche il tempo per includere nel gioco quello che è considerato a tutti gli effetti il primo minigame in un jrpg, un classico "sliding puzzle" con 15 numeri, attivabile sulla nave premendo B 55 volte mentre si tiene premuto A.
Ad Akitoshi Kawazu spetta il compito di dare "corpo" alle idee di Sakaguchi, cercando dove possibile di non imitare Dragon Quest, come la visuale laterale per i combattimenti invece che in prima persona; i punti di riferimento erano piuttosto gli occidentali Wizardry, Ultima e, per quanto riguardava bestiario, incantesimi e debolezze, Dungeons & Dragons, aspetti che gli altri sviluppatori giapponesi tendevano ad ignorare, prelevandone solo l'estetica e l'immaginario, da qui anche la scelta delle classi ad inizio gioco. Koichi Ishii completa la squadra dei designer: "un rozzo a cui piace andare in giro con giacche di pelle, ma che poi disegna cose carine come i Chocobo", la descrizione di Sakaguchi, e in effetti il mondo di Final Fantasy, pur non essendo "fanciullesco" come quelli ideati dalle matite di Akira Toriyama, non disdegna elementi più leggeri, conservando quell'anima comunque giapponese, uno stile che caratterizzerà anche i capitoli successivi, sviluppando una filosofia che troverà la sua consacrazione estetica nella serie di Seiken Densetsu, ideata proprio da Ishii.
Per il character design e le illustrazioni serviva però un
altro tipo di profilo, forse più adulto e raffinato. Koichi Ishii propose così
il nome di Yoshitaka Amano, dalla notorietà non ai livelli di nazional-popolare come
Akira Toriyama, ma l'artista era già abbastanza apprezzato nel settore
dell'animazione (Gatchaman, Tenshi no Tamago) e soprattutto dei romanzi leggeri
(Guin Saga, Vampire Hunter D). Evidentemente però non in quello dei
videogiochi: "non so chi sia", rispose lapidario Sakaguchi, "questo
è esattamente quello che cerco", indicando a Ishii le illustrazioni di una
rivista, che subito esclamò "ma quello è Amano!". È come se fossero stati i suoi disegni a chiamare Sakaguchi, e non il nome.
Nobuo Uematsu, che
al contrario del Maestro Koichi Sugiyama è un totale autodidatta, assimila e
amalgama vari stili musicali, per creare qualcosa di unico e riconoscibile,
pur con ampi margini di crescita, in grado di regalare travolgimenti emotivi e
affreschi ambientali che vanno ben oltre gli ascolti iniziali; Temple of Chaos e
Theme of Final Fantasy stanno già lì, fra le altre, ad inaugurare una carriera straordinaria.
I Guerrieri della Luce, i Cristalli, il mondo di Final Fantasy prende così vita e musica grazie ad un concentrato di talenti che creano un videogioco solido, in grado di distinguersi dalla concorrenza di Falcom e Enix senza tuttavia strafare, ancora oggi godibile (i remake si limiteranno ad aggiornare la grafica e ad abbassare la difficoltà generale), nonostante il suo essere inevitabilmente datato nella sua rigidità, sintetizzabile nello schema trova l'artefatto X da dare al personaggio Y per sbloccare il passaggio Z, e via andare fino al finale.
Finale che sopraggiunge laddove inizia l'avventura, quel Tempio del Chaos teatro di una battaglia tra bene e male senza fine, quel concetto di "ciclo da interrompere" che tornerà, puntualmente, nel futuro della saga, Garland come Artemisia, Khaos come Sin. È una Leggenda che nasce, piantando ben salde le sue radici.
“A quei tempi, lo spirito era che non stavamo creando un prodotto ma una creazione. Stavamo mettendo la nostra anima nella produzione, riversando tutte le idee nel gioco, anche quelle che emergevano durante lo sviluppo, non si risparmiava nulla per il sequel. Quindi, quando finisci, sei vuoto, non hai idea di cosa fare dopo, ma spingendoti in avanti, nuove cose vengono alla luce. Penso che sia un bene se quello spirito è continuato con Final Fantasy fino ad oggi”. Hironobu Sakaguchi
Sources:
https://web.archive.org/web/20061008024010/http://www.e.okayama-u.ac.jp/~dfujii/Option.pdf
https://web.archive.org/web/20190819184025/https://retronauts.com/article/670/akitoshi-kawazu-on-the-reasoning-behind-sagas-insanity
https://www.webcitation.org/6gLNbLUfI?url=http://www.1up.com/news/hironobu-sakaguchi-final-fantasy-roller-coaste
https://www.webcitation.org/60hMl5q2z?url=http://www.develop-online.net/news/28960/Sakaguchi-discusses-the-development-of-Final-Fantasy
Grande articolo!
RispondiEliminaSapevo che il titolo nascondesse proprio un "tutto per tutto" ma credevo più aziendale che personale (ossia il ritorno agli studi...).
Certo che Dragon Quest era avvantaggiato dal Jump... ahaha, hai detto bene: ma funziona così, le riviste supportano i progetti paralleli.
In ogni caso, alla Square hanno fatto un ottimo prodotto, senza dubbio, riuscendo a essere diversi dalla concorrenza.
P.s. ma il rozzo dalla giacca di pelle... sono parole che si dicevano tra loro?
Moz-
Ti ringrazio, l'intenzione era scrivere una recensione veloce ma a furia di trovare materiale è uscito un focus on.
EliminaSono tutte dichiarazioni prese da interviste varie, quella che citi, andando a memoria, credo provenga dalla terza fonte che trovi a fine articolo. Sakaguchi ironizza sul fatto che dietro l'aspetto di Koichi Ishii, che se si cercano le sue foto si trova questo omone che sembra uno yakuza, c'è colui che va a ideare cose pucciose come i conigli di Secret of Mana...
Hai illustrato bene un grande pezzo di storia videoludica. Come Miki avevo pure io sentito la storia del storia del perché la saga si chiama così.
RispondiEliminaA volte bastano pochi dettagli per fare una grande differenza.