Fūjin Ryōiki Eretzvāju
封神領域エルツヴァーユ
Evil Zone
1999
PlayStation
Developer: Yuke's Future Media Creators Publisher: Yuke's Future Media Creators
Yoshio Togiya (Director), Morifumi Hara (Producer)
Tokuichi Kitaguchi (Programmer), Makoto Furuta (Character Designer)
Yasutaka Hatade, Satoshi Miyashita, Michihiro Nomura, Chamy (Composer)
Yuke’s se ne sbatte di pugni deboli, pugni medi e pugni un po' forti restituendo al genere una manifesta semplicità nell’uso negli input, appena due, dalle molteplici funzioni offensive e difensive. Tra incantesimi e schivate Eretzvāju ci chiede di assimilare lo spazio circostante, e l’inusuale concept seduce finché dura. Ma ad imperitura memoria vi sono questi personaggi, queste musiche, quel tramonto sul tetto della scuola, in cui traspare la cultura delle prime VHS animate, nei suoi generi riconoscibili.
Ihadurca, una creatura malvagia in grado di esistere in diverse dimensioni, è stata confinata a caro prezzo dagli abitanti del mondo di I-Praseru, in un mondo parallelo chiamato Eretzvaju, il "Regno della Dea". Il pericolo però incombe tutt'ora, così diversi guerrieri, provenienti da vari mondi, si recano sull'isola e si sfidano in un torneo, per decretare colui che dovrà battersi contro Ihadurca e sconfiggerla definitivamente.
Titus Interactive, ex colosso francese, lo si potrebbe quasi definire l'equivalente anni Novanta di Ubisoft, non fosse che ha prodotto molta più immondizia, e ce ne vuole. Cosa li abbia convinti a portare alla fine del millennio due follie tipicamente giapponesi per PlayStation, pescate nel mucchio, come
Eretzvāju (
Evil Zone) e
Tondemo Crisis! (
Incredible Crisis), rimane un assoluto mistero, ma vabé, in confronto alle assurdità portate dall'italianissima 505 Games su PS2 è niente. Che
Evil Zone non fosse un picchiaduro come gli altri lo si intuiva già dalle immagini su rivista, dallo stile spiccatamente anime alla barra dell'energia posta ai lati dello schermo, c'era qualcosa di diverso rispetto al fenomeno
Tekken 3, a cui confronto risultava decisamente più grezzo; del resto era l'anno in cui si stagliava all'orizzonte il Dreamcast con il suo
SoulCalibur, ma bastavano le sinuose modelle di
Dead or Alive per porre la produzione Yuke's verso un livello inferiore.
Eppure la curiosità era tanta, da parte di chi non ne aveva mai abbastanza di menare le mani, che fosse a due o a tre dimensioni, ma soprattutto da parte di coloro che, in piena adolescenza e appena svezzati dall'opulenza di filtraggio censura del pomeriggio Mediaset, aveva iniziato ad appassionarsi all'animazione giapponese in maniera più approfondita, sintonizzandosi su MTV prima il giovedì, poi il martedì sera per l'
Anime Night, comprando riviste come Benkyo ed esplorando l'ignoto della rete per spulciare le prime immagini hentai di Rei Ayanami.
Ma la particolarità di
Fūjin Ryōiki Eretzvāju nel panorama del genere non risiedeva nell'estetica di un character design accattivante e tipicamente anni '90 (il 32-bit di Sony ospitava già
Psychic Force e
Justice Gakuen, tra gli altri), era alla prova del controller che il picchiaduro Yuke's ti spaesava, per l'esattezza nel momento in cui scoprivi che tutte le azioni e le mosse che vedevi a schermo si potevano effettuare tramite l'ausilio di appena due tasti, uno per l'attacco (il triangolo) e uno per la difesa (il quadrato). In un periodo in cui i tradizionali fighting game diventavano sempre più complessi, tra lunghe combo, mosse speciali e juggling di varia natura,
Eretzvāju taglia tutto e propone un combattimento uno contro uno in cui non è tanto la combinazione di tasti a determinare il tipo di tecnica, quanto piuttosto il concetto di spazio. In base alla distanza che ci separa dall'avversario, il medesimo e semplice imput (ad esempio giù + triangolo) genera due tecniche differenti, una ravvicinata e una più lontana, ed essendo questo un gioco che si prefigge lo scopo di emulare i frenetici combattimenti degli anime d'azione, ciò si traduce in tecniche magiche e psicocinetiche dall'alto tasso di spettacolarità.
Spettacolarità che viene valorizzata in virtù di una sapiente, quanto innovativa per il genere, impronta registica di stampo televisivo, in cui un'ispirata inquadratura non perde occasione di catturare i personaggi con veri e propri movimenti di camera, in base all'azione in corso; quando due personaggi, ad esempio, effettuano nello stesso momento un attacco di mischia (due volte avanti e triangolo), parte una sequenza in cui corrono lungo l'arena lanciandosi attacchi proiettile, fase in cui il giocatore dovrà premere in modo forsennato il tasto offensivo per avere la meglio. Chiaramente anche il tasto quadrato assume un'importanza fondamentale nelle strategie, essendo la sua funzione non limitata alla sola difesa, bensì anche per saltare e raggirare l'avversario da vicino, portandoci alle sue spalle; si giunge quindi all'assunto che lo sfruttamento dello spazio è la chiave strategica di Eretzvāju, prevedendo passi in profondità e varianti magiche atte a contrastarli (doppia pressione della direzione di attacco), il gioco Yuke's è fra quei rari picchiaduro della sua generazione, insieme a Ehrgeiz, Destrega e pochi altri, ad adoperare la grafica poligonale non solo per una questione estetica, ma anche per proporre una variazione volumetrica alla formula di un genere che al tramonto del suo decennio dorato, iniziava ad accusare i primi sintomi di stagnazione.
Con il senno di poi
Evil Zone appare come una sorta di
precursore dei vari Budokai, Naruto e simili di licenza anime che invaderanno
il mercato dalla PlayStation 2 in poi, anticipandone di fatto la corrente
scenografica fatta di attacchi proiettile e colpi speciali cinematici, ma
proprio per il motivo per cui il miglior
Dragon Ball Z Budokai non poteva in
alcun modo competere con la profondità di un picchiaduro Namco o ArcSystem
Works, dimostrandosi poco più di un divertissement per i fan della serie in questione,
allo stesso modo
Eretzvāju tende all’esaurimento precoce per via della sua
struttura sì inusuale e accattivante, ma anche innegabilmente semplicistica.
Superata la fase di apprendimento, sostanzialmente le meccaniche di gioco non
hanno già più segreti e la CPU, impossibilitata ad essere potenziata più di
tanto, soccomberà inevitabilmente all’intelligenza umana, lasciando ad un
eventuale e non sempre alla portata secondo giocatore l’unico appiglio di un
grado di sfida accettabile.
Viene da sé dunque che buona parte del fascino di Eretzvāju
risiede nella modalità Storia, composta dai tradizionali combattimenti in
sequenza che portano al boss finale, ma corredati di dialoghi in-game
interamente doppiati (cosa non banale nel 1999), ovviamente diversi in base al
personaggio, il cui percorso personale simula una serie animata con tanto di
titoli degli “episodi” e anticipazioni per quello successivo. I personaggi sono
tutti splendidamente caratterizzati, ognuno di loro, preso singolarmente, non
sfigurerebbe affatto come protagonista di un qualche OVA anni ‘80/’90,
convogliando nel loro insieme svariati generi, dal classico tokusatsu
(Danzaiver) al fantasy (Al), dall’occulto (Keiya) allo scolastico (Setsuna);
ciò vuol dire che anche tutti i relativi cliché sono al loro posto, ivi inclusa
la loli da millemila anni (Kakurine, forse il personaggio più interessante), ma
in fondo per un fighting game va anche bene così, Eretzvāju è una sincera
lettera d’amore all’animazione giapponese e a tutti i suoi topos.
Poiché Titus o come si chiamavano gli oltralpe citati in precedenza che hanno portato il gioco sulle nostre latitudini, si sentivano in dovere di combinare qualche vaccata da publisher occidentale di bassa lega, la versione PAL di
Evil Zone omette dalla splendida
opening animata (realizzata dallo studio AIC) la canzone “Kiss in the Dark” di
Masami Okui, celebre vocalist di sigle del calibro di Get Along (
The Slayers, in coppia con
Megumi Hayashibara), Rondo-Revolution (
Utena) e tante altre, sostituendola con una anonima musichetta. Stessa sorte toccherà al tema di
Erel, che nella versione giapponese è una traccia cantata. Fortunatamente il resto è al suo posto (a parte un imposto mediocre doppiaggio inglese), dalla splendida colonna sonora alle varie illustrazioni extra.
Questo non lo conoscevo, intrigante ma ultimamente sono diventato un po' insofferente nei confronti dei picchiaduro uno contro uno che un tempo adoravo.
RispondiEliminaA me capita con altri generi, ma questo non credo mi stancherà mai, sono ottimi come intervallo tra un gioco più impegnativo e l'altro.
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RispondiEliminala musica dell'intro della versione Jap, resta inarrivabile rispetto alle versioni Pal/usa è in più la versione Jap non presenta la stupida censura applicata su Erel.
RispondiEliminaSe non sbaglio Erel ha le gambe coperte sono nella versione usa e non in quella europea, strano in effetti..
Eliminasi, la prima volta giocai la versione usa per ovvie ragioni legate alle versioni nostrane che come ben sai a 50hz erano sia brutte da vedere che da giocare, poi in seguito ho scoperto che Erel in versione usa aveva la censura idiota che gli copriva le gambe mentre nella pal e jap era a posto... misteri della mente umana.
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