mercoledì 4 ottobre 2017

Faria: Fuuin no Tsurugi

Faria: Fuuin no Tsurugi
ファリア 封印の剣
Faria: A World of Mystery and Danger
1989
NES
Developer: Game Arts Publisher: Hi-Score
Takeshi Miyaji (Director, Designer), Mitsuhiro Mazda, Yoshii Abe (Producer)
Yoshito Asari, Akihiko Yoshida (Designer), Masao Takeuchi (Scenario)
Nobuyuki Aoshima, Fumihito Kasatani (Composer)  

Nel 1989 Takeshi Miyaji disse al fratello che Game Arts poteva fare anche qualcos’altro, oltre a sparare. Il Giappone tutto sembrava impazzito per le storie di draghi e di eroi: prendi l’ingrediente principale del Dragon Quest di Yuji Horii con contorno di Zelda del mastro chef Shigeru Miyamoto, pensa cosa viene fuori. Un RPG abbastanza indigesto in realtà, ma l’inesperienza la si perdona se poi meno di dieci anni dopo questa porterà a Grandia.

Da qualche parte si dovrà pur cominciare, e Faria: Fuuin no Tsurugi sancisce l’inizio del percorso della gloriosa Game Arts sul genere che la renderà famosa negli anni successivi, ossia l’RPG giapponese. Nella seconda metà degli anni ottanta, la compagnia fondata da Yoichi Miyaji si era fatta conoscere in ambiente home computer con il mecha shooter Thexder e soprattutto con l’esemplare Silpheed, accolto con un discreto entusiasmo su NEC PC-88 e che più avanti conoscerà ulteriore fama su Sega CD. Ma il fantasy rappresentava evidentemente un’altra passione di Takeshi Miyaji, fratello di Yoichi, e il grande successo del Dragon Quest di Enix fu l’impulso per la realizzazione di Faria: Fuuin no Tsurugi per il Nintendo Famicom, arrivato in occidente con il nome di Faria: A World of Mystery and Danger.


L’inizio è un classico: la figlia del Re di Faria viene rapita da un mago malvagio e rinchiusa in una torre piena di pericolosi mostri. Il Re offrirà la mano della Principessa a chiunque riesca a trarla in salvo, e poco importa se a questo giro il nostro paladino sembra in tutto e per tutto una femmina! Da qui in poi Faria: Fuuin no Tsurugi (traducibile in “Faria: La Spada Maledetta”) pare divertirsi a scombussolare un po’ il ruolo delle parti e a proporre un pizzico di originalità narrativa, conscio della marcata classicità del sistema di gioco, un tentativo abbastanza lodevole per il 1989. 
Il rapimento della principessa non è che l’inizio di un susseguirsi di eventi forzati, maledizioni e contro-maledizioni che sfiorano il grottesco, quasi come a voler far perdere la pazienza il giocatore nel farlo girovagare per il mondo. Un banchetto per il salvataggio della principessa? Il cibo è stato avvelenato, decine di cittadini malati. Trovi la cura dopo un lungo viaggio? Il Re nel frattempo è stato pietrificato. Va sconfitto il mago cattivo? Ma aspetta, si scopre che la principessa è un’impostora, e via di questo passo fino al colpo di scena finale che riguarda proprio la protagonista (si legga in fondo per lo spoiler). Di sicuro a dispetto di un’impressione iniziale non si può dire che la storia di Faria sia prevedibile, non si toccano certo i vertici del già uscito Phantasy Star ma non siamo neanche ai livelli di “trova i 5 manufatti/anelli/rotoloni, potenzia spada e scudo e sconfiggi il Re Demone”.

In meccaniche RPG, Game Arts confeziona invece con un po’ di ruffianeria uno strano ibrido tra due dei videogiochi più in voga in quegli anni, ossia i già citati Dragon Quest e The Legend of Zelda. La componente esplorativa del primo, con world map e villaggi annessi, si incontra con le battaglie in tempo reale di ispirazione Zeldiana e ad altri action dello stesso tipo. L’aspetto curioso è che laddove nella world map e nelle caverne l’attivazione dei combattimenti risulta casuale proprio come in Dragon Quest o in Final Fantasy, nei dungeon i nemici sono al contrario visibili su schermo e non vi è stacco alcuno tra fase esplorativa e fase di battaglia, rendendo l’esplorazione delle torri del tutto simile a quelle di The Legend of Zelda
Purtroppo Faria non può vantare né la classe del classico Nintendo né la perfetta alchimia delle produzioni Enix, a partire da un bilanciamento della difficoltà fallace in più versanti. Il grinding è delirante, solo alcuni nemici casuali rilasciano del denaro (a prescindere dalla loro forza, l'abbattimento di un insetto potrebbe fruttare più di un enorme orco) rendendo inutili buona parte delle battaglie aumentando così la frustrazione, già sopra i livelli di guardia una volta visti i prezzi degli equipaggiamenti. La fuga dalle battaglie che si riterranno inutili è contemplata ma la penalità si traduce in perdita di denaro e alle volte anche di oggetti o equipaggiamento; capita che in Faria si arrivi piuttosto a desiderare la morte.


Se non si lancia definitivamente il controller all’incontro con una razza di nemici invisibili, avvistabili già nelle prime fasi di gioco e che necessitano di un oggetto avanzato per essere visti, il nostro Faria propone altre piacevoli bastardate d’altri tempi in virtù di un dungeon design che definire concettualmente farneticante sarebbe generoso, tra passaggi segreti del tutto invisibili e labirintiche caverne buie irte di nemici quasi del tutto impossibili da superare in tempi umani senza una qualche guida cartacea. 

Pur considerando l’epoca di sviluppo, sono difetti questi che minano inevitabilmente qualsivoglia stimolo retrospettivo nei confronti di Faria, e a poco serve la discreta varietà di armi utilizzabili così come una certa cura estetica; i primi piani dei cittadini riprendono l’Ys di Nihon Falcom, giusto per non farsi mancare un’altra ispirazione, ma va ammesso che essendo un gioco di tarda epoca NES si difende bene anche graficamente, dove nel design troviamo un giovanissimo Akihiko Yoshida. Lo stesso non si può dire però della colonna sonora, il compositore che farà grande gli RPG della compagnia, Noriyuki Iwadare, doveva ancora arrivare e Faria ci propina un accompagnamento sonoro ripetitivo e a tratti irritante.


Faria: Fuuin no Tsurugi è quindi questo, un RPG non disastroso ma neanche del tutto riuscito, il cui recupero è consigliabile solo all’appassionato delle future opere di Game Arts, che vuole scoprirsi archeologo scavando in quelle fondamenta che porteranno poi ad erigere cult come Lunar e Grandia, nonostante qui di quell'estro creativo di animata ispirazione Gainax vi sia ancora ben poco.

Pillole
  •  Verso la fine dell'avventura si scopre in realtà che la nostra protagonista... è un uomo, che ha cambiato sesso a causa di una (ovviamente) maledizione. In conclusione sposa la principessa come da copione, niente svolta yuri quindi. Salvo smentite, si potrebbe considerare il primo personaggio cambiasesso della storia dei videogiochi, negli anni in cui parte la pubblicazione del Ranma½ di Rumiko Takahashi.
  •  A tal proposito Nexoft Corporation, artefice della versione occidentale di Faria, preferì eliminare ogni riferimento estetico riguardante il sesso della/del protagonista, sia dal manuale di gioco che dalla cover art, raffigurante un generico cavaliere in armatura.
  • L'illustrazione originale porta invece la firma di Yoshitoh Asari, illustratore e mangaka dal tipico stile lolicon anni ottanta molto vicino all'ambiente Gainax, disegnerà gli Angeli Shamshell e Zeruel di Neon Genesis Evangelion. Sue sono anche le box art di Kiki Kaikai e di alcuni episodi della serie Parodius.

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