Garō Densetsu - Shukumei no tatakai
餓狼伝説 ~宿命の闘い~
Fatal Fury: King of Fighters
1991
Coin-op, Neo Geo, Neo Geo CD, Sharp X68000, SNES, Mega Drive
Wii Virtual Console, PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch
Developer: SNK Publisher: SNK
Takashi Nishiyama (Director, Designer) Eikichi Kawasaki (Director)
Takashi Tsukamoto, Seigo Ito (Designer)
Criterio evoluzionistico della lotta da strada secondo Nishiyama, ancora così anni ottanta nella messa in scena ma con la nuova potenza del NeoGeo. In occidente i bimbetti amavano il
sangue delle fatality di Mortal Kombat quale alternativa agli
hadouken, ovviamente con il Mega Drive non censurato, ma in Giappone le cose
andavano diversamente. In Giappone si andava a Southtown.
1991, per focalizzare l'annata; l'uscita occidentale del Super Nintendo apriva le danze alla console war dei 16bit, ancora oggi considerata tra le più avvincenti di sempre, Sega dal canto suo rispondeva all’immenso Super Mario World con il primo storico capitolo di Sonic, Amiga era nel pieno del suo splendore con Alien Breed e Another World, mentre su PC Sid Meier si faceva conoscere con Civilitzation e Neverwinter Nights apriva timidamente l’era dei MMORPG con la possibilità di 50 giocatori in simultanea. Ma il genere che esplode è quello dei fighting game, nelle sale giochi usciva un certo Street Fighter II: The World Warriors, e d’improvviso al mondo intero venne la voglia di prendere a calci e cazzotti qualunque cosa.
1991, per focalizzare l'annata; l'uscita occidentale del Super Nintendo apriva le danze alla console war dei 16bit, ancora oggi considerata tra le più avvincenti di sempre, Sega dal canto suo rispondeva all’immenso Super Mario World con il primo storico capitolo di Sonic, Amiga era nel pieno del suo splendore con Alien Breed e Another World, mentre su PC Sid Meier si faceva conoscere con Civilitzation e Neverwinter Nights apriva timidamente l’era dei MMORPG con la possibilità di 50 giocatori in simultanea. Ma il genere che esplode è quello dei fighting game, nelle sale giochi usciva un certo Street Fighter II: The World Warriors, e d’improvviso al mondo intero venne la voglia di prendere a calci e cazzotti qualunque cosa.
È tuttavia errato il luogo comune che vede in Garō Densetsu – Shukumei no Tatakai (Fatal Fury) come un suo clone, quello semplicemente
arrivato prima di tutti gli altri. Basta infatti informarsi un po’ meglio riguardo la
sua genesi per scoprire che il titolo SNK ha origini che sì discendono dal
videogioco Capcom, ma non dal 2 come si potrebbe pensare, bensì dal primo
capitolo del 1987, quello “Street Fighter 1” che nessuno si caga mai. Takashi Nishiyama,
il suo ideatore, lascerà infatti la Capcom nel 1988 per poi essere assunto
dalla SNK, con la quale svilupperà il gioco in questione, che lui considera "il suo" Street Fighter II. L’assonanza tra i due
“capostitipi” delle rispettive saghe risulta infatti palpabile nella
struttura, Garō Densetsu permette a Nishiyama di dar libero sfogo alla sua
creatività e a quelle idee che, per un motivo o per un altro, non poté inserire
in Street Fighter, anche se con molta probabilità i personaggi di Andy Bogard
e Joe Higashi furono inseriti a sviluppo in corso in seguito all’uscita del rivale divoragettoni di Capcom, per non presentarsi a sua contrapposizione con
un solo personaggio selezionabile.
Ma a chiudendo l’introduzione accademica, oggi come si presenta Garō Densetsu? Che sia invecchiato peggio rispetto al suo scomodo rivale non ci
piove, il pilastro Capcom, pur con i suoi limiti, può ancora oggi regalare
discrete soddisfazioni in una sana sfida 1v1. Il gioco di Terry&co invece,
nonostante non disdegni di una sfida tra umani, è palesemente focalizzato sulla
lotta del singolo, di un guerriero che a suon di pugni deve conquistare una
città abbattendo strambi personaggi non giocanti, quartiere per quartiere.
La differenza è quindi di scala culturale: se i “World Warriors” di Street Fighter II rappresentano il mondo e i suoi stereotipi, con il karateka senza macchia, il russo comunista, il soldato americano e via discorrendo, Garō Densetsu si autodelimita in un contesto urbano, imbastendo una personalissima storia di vendetta. Nessun impero del male Shadaloo e manipolo di eroi pronti a smontare i suoi malefici piani, ma solo un protagonista in cerca di vendetta nei cofronti un cattivone che ha ucciso il padre. Laddove Street Fighter II è lo spettacolare cinema di Hong Kong con Bruce Lee e Jackie Chan ma ampliato con i mezzi al mondo intero e alla globalizzazione degli anni ’90, bello da vedere e ricco di luoghi esotici e da cartolina, Garō Densetsu è in sua antitesi il filmaccio di serie B anni ’80 girato sotto casa, con un boss mafioso, tanti teppisti da battere e un protagonista che non veste in pulita divisa da karateka ma bensì in jeans, giacchetta rossa da “paninaro” e berretto in testa.
Garō Densetsu è irresistibile nel suo miscuglio di influenze, dai boxer e wrestler americani del periodo (Raiden è Big Van Vader) alle derive shonen che caratterizzeranno le future produzioni SNK ma qui già accentuate nei personaggi di Tung Fu Rue, che gonfia la sua massa muscolare come il maestro Muten di Dragon Ball, e nello stesso Geese che pare uscito da Hokuto no Ken.
Un trionfo di sub-cultura puranche occidentale senza che questa vada a snaturare la sua anima giapponese, connotazione applicabile a ciò che sarà la SNK negli anni a venire, allestita con una maniacale cura estetica e stilistica. Il NeoGeo nel 1991 mette subito in chiaro sul chi avrebbe dominato il campo delle due dimensioni: sprites dei personaggi grandi e dettagliati, meravigliosi stage sempre animati e ricchi di particolari, i quali variano con il passare dei round, dal calare del tramonto fino alla notte, grafica culminante in quello di Tung Fu Rue in cui viene pure giù a piovere. Lo stesso però non si attesta sul fronte del gameplay, il primo Garō Densetsu è un gioco di lotta ancora un po’ acerbo, così come il suo futuro fratellino Ryuuko no Ken. Le collisioni non sono proprio il massimo, i due livelli di battaglia tipici della saga mostrano tutta la loro macchinosità e certi danni dei vari personaggi sono tutt’altro che bilanciati.
La differenza è quindi di scala culturale: se i “World Warriors” di Street Fighter II rappresentano il mondo e i suoi stereotipi, con il karateka senza macchia, il russo comunista, il soldato americano e via discorrendo, Garō Densetsu si autodelimita in un contesto urbano, imbastendo una personalissima storia di vendetta. Nessun impero del male Shadaloo e manipolo di eroi pronti a smontare i suoi malefici piani, ma solo un protagonista in cerca di vendetta nei cofronti un cattivone che ha ucciso il padre. Laddove Street Fighter II è lo spettacolare cinema di Hong Kong con Bruce Lee e Jackie Chan ma ampliato con i mezzi al mondo intero e alla globalizzazione degli anni ’90, bello da vedere e ricco di luoghi esotici e da cartolina, Garō Densetsu è in sua antitesi il filmaccio di serie B anni ’80 girato sotto casa, con un boss mafioso, tanti teppisti da battere e un protagonista che non veste in pulita divisa da karateka ma bensì in jeans, giacchetta rossa da “paninaro” e berretto in testa.
Garō Densetsu è irresistibile nel suo miscuglio di influenze, dai boxer e wrestler americani del periodo (Raiden è Big Van Vader) alle derive shonen che caratterizzeranno le future produzioni SNK ma qui già accentuate nei personaggi di Tung Fu Rue, che gonfia la sua massa muscolare come il maestro Muten di Dragon Ball, e nello stesso Geese che pare uscito da Hokuto no Ken.
Un trionfo di sub-cultura puranche occidentale senza che questa vada a snaturare la sua anima giapponese, connotazione applicabile a ciò che sarà la SNK negli anni a venire, allestita con una maniacale cura estetica e stilistica. Il NeoGeo nel 1991 mette subito in chiaro sul chi avrebbe dominato il campo delle due dimensioni: sprites dei personaggi grandi e dettagliati, meravigliosi stage sempre animati e ricchi di particolari, i quali variano con il passare dei round, dal calare del tramonto fino alla notte, grafica culminante in quello di Tung Fu Rue in cui viene pure giù a piovere. Lo stesso però non si attesta sul fronte del gameplay, il primo Garō Densetsu è un gioco di lotta ancora un po’ acerbo, così come il suo futuro fratellino Ryuuko no Ken. Le collisioni non sono proprio il massimo, i due livelli di battaglia tipici della saga mostrano tutta la loro macchinosità e certi danni dei vari personaggi sono tutt’altro che bilanciati.
Tuttavia Garō Densetsu è
solo il primo atto di ciò che vedremo e certe ingenuità figlie del loro tempo
vanno necessariamente messe in conto. È tanta la voglia della saga SNK di “distinguersi”,
pur nella sua nicchia, con la leggenda di King of Fighters che muove qui i suoi
primi passi, attraverso le gesta del lupo famelico tra le strade di Southtown.
- Coloro che non potevano permettersi un Neo Geo AES (quindi più o meno tutti), dovevano consegnarsi ad una delle console a 16-bit sul mercato per fruire il Fatal Fury tra le mura di casa, con evidenti compromessi. La conversione SNES ad opera di Nova elimina i due piani di gioco, caratteristica della serie, e in modalità VS sono sì selezionabili gli altri personaggi oltre al trio principale, ma tale scelta è prerogativa del solo secondo giocatore. Dal canto suo la controparte Mega Drive, arrivata un anno dopo, ripristina i due piani sul terreno e i personaggi sono tutti disponibili per entrambi i giocatori, incluso Geese tramite cheat. Di contro però vengono meno Billy Kane e Hwa Jai, relegati a comparse sullo sfondo. Curiosa l'assenza di un'edizione PC Engine, considerato quanto di buono fatto con quella di SFII, la macchina Nec avrebbe certamente potuto dire la sua. Si rifarà con il sequel.
- Passato su PS2 tramite collection (Battle Archives Vol. 1), oggi SNK tramite terzi rende disponibile il suo classico un po' ovunque; che sia a firma Sony, Nintendo o Microsoft, non c'è infatti attualmente piattaforma che non abbia il suo Fatal Fury nel rispettivo shop digitale.
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