Sharī no atorie - Tasogare no Umi no Renkinjutsushi
シャリーのアトリエ ~黄昏の海の錬金術士~
Atelier Shallie: Alchemists of the Dusk Sea
2014
PlayStation 3, PlayStation Vita
PlayStation 4, Nintendo Switch, Windows
Developer: Gust Publisher: Gust
Yoshito Okamura (Director), Tadanobu Inoue (Producer)
Azusa Takahashi (Designer), Yuji Higuchi (Programmer)
Kazuki Yanagawa, Hayato Asano, Daisuke Achiwa (Composer)
Pur non osando più del necessario, il contagioso positivismo dei pittoreschi abitanti del mondo di Atelier Shallie rende concreta la percezione di una primavera imminente, fosse anche nel bel mezzo di un desolato e infinito deserto, riuscendo a far sollevare gli occhi al cielo anche quando il fisico è appesantito da una stanchezza interiore.
Afflitte da un misterioso fenomeno conosciuto come “mare del crepuscolo”, le fonti d'acqua del mondo vanno sempre di più prosciugandosi, i mari sono ormai distese di sabbia, le piante si seccano e gli insediamenti umani resistono in piccole oasi. In una di queste città costiere, Stellard, si incontrano due alchimiste diverse nel carattere ma dal nomignolo in comune: Shallie. Shallistera Argo, figlia di un piccolo capo villaggio, cerca un metodo per salvare la sua terra dalla siccità accompagnata dal suo guardiano Kortes, mentre Shallotte Elminus, apprendista alchimista, porta avanti l’atelier ereditato dal padre non senza difficoltà, ricevendo al contempo “lezioni di magia” dalla strega Wilbell.
Gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti, tuttavia, un mestiere era sopravvissuto: quello delle carinissime alchimiste!
Seriamente, cosa dire di Atelier Shallie: Alchemists of the Dusk Sea (Sharī no atorie - Tasogare no Umi no Renkinjutsushi)? Questo sedicesimo capitolo della serie mette un po’ un tutti concordi, per una volta, nel considerarlo il più debole della trilogia, pur dimostrandosi alla prova giocata una solida e piacevole esperienza.
La storia delle due Shallie (un collaudato binomio “una tranquilla, l’altra vivace”), si prende carico di sviluppare e chiudere il cerchio sulla lore della serie Dusk con perizia, dimenticandosi però di imbastire un interessante intreccio di relazioni, a partire dalle stesse protagoniste, che a volte appaiono “distaccate” da ciò che le circonda, cui si somma un cast di comprimari che fatica ad imprimersi (Wilbell a parte). La stessa ambientazione, con questi mari di sabbia che riportano alla mente il miglior Breath of Fire IV a trasudare “avventura” da ogni fotogramma, poteva essere sfruttata meglio, nonostante abbia comunque le sue carte dal giocare sul versante squisitamente scenografico.
La rimozione del Calendar System di per sé non è un difetto, anzi, l’assenza di rigide timeline, per quanto decisamente “allargate” nei due capitoli precedenti, permette finalmente quel senso di rilassamento, in particolare nelle escursioni, che la serie ha idealmente sempre espresso. Il problema è che a questo cambiamento nel sistema di gioco non si è contrapposto un adeguato bilanciamento della difficoltà, evidentemente i boss finali di Escha & Logy devono aver impegnato più del previsto un fandom abituato tanto a spremere le meningi in fase di sintesi e creazione oggetti, quanto a spegnere il cervello durante i combattimenti; il risultato è un sequel dall’impianto ludico decisamente più accomodante in tutti i suoi componenti, anche se ciò non impedisce a Shallie di introdurre alcune meccaniche molto interessanti.
Accantonato il calendario la novità maggiore di questo episodio è il curioso Life Task System, che suddivide i vari obiettivi nelle categorie corpo, mente, personalità e abilità, atte alla crescita fisica, professionale e caratteriale della protagonista. Combattere e raccogliere il materiale saranno compiti che riguardano il corpo, mentre la crescita della mente consiste nel dialogo con i NPC o l’apertura dei forzieri. La personalità coinvolge le più svariate richieste e gli eventi dei nostri compagni di viaggio, al contrario la sezione skills ci chiederà l’abbattimento di determinati mostri o la realizzazione di specifici oggetti alchemici. La variazione di questi parametri incide sulle attitudini della nostra protagonista, fisicamente sarà ad esempio in grado di raccogliere un numero maggiore di risorse per volta, mentre formando il proprio carattere si sbloccano nuovi eventi secondari. È a suo modo sorprendente che Gust, pur con uscite così ravvicinate tra loro, riesca a diversificare a questi strati i suoi RPG, solo all’apparenza simili fra loro, la trilogia Dusk è l’esempio migliore in tal senso.
Il sistema di combattimento conferma l’assetto a sei elementi, tre in avanguardia e altrettanti di supporto intercambiabili a piacimento, aggiungendo dal canto suo la barra Burst che permette al suo riempimento di aumentare l’efficacia dei colpi speciali.
Sul versante esplorativo Atelier Shallie compie un passo tecnico ulteriore permettendo, finalmente, di manovrare la videocamera per avere una visione a 360° dell’ambiente circostante e aumentando, contestualmente, la metratura delle aree, munite ora di minimappa.
Più in generale Shallie è ancora oggi uno dei migliori Atelier dal punto di vista estetico; i raggi del sole, questa volta cocenti, si abbattono con forza sui resilienti cactus, le fitte foreste di Ayesha lasciano ora il posto ad un orizzonte sconfinato e desolante, dalle sabbie emergono rovine di una civiltà lontana e fossili di chissà quali creature leggendarie mentre le architetture urbane rimandano ad un inusuale clima mediterraneo. A fare da cornice vi è l’arte di Hidari ormai al suo massimo livello e una colonna sonora che lascia decisamente il segno, ancora una volta, a partire dalla meravigliosa opening “Rusty Sky” questa sì, la migliore della serie per immagini e suoni, che rinuncia alla solita trascinante canzone Pop per il sound minimale dei Matryoshka, dalla voce praticamente sussurrata, etera, a dispensare evocativo torpore sensoriale, il cui testo appare oggi a noi, testimoni di una pandemia inattesa e inimmaginabile per la nostra generazione, come dannatamente attuale.
We know the world slowly makes all be back to the start
All of our wounds need to heal more or to get worse
Invisible forces lead us to where we belong
We're looking for reasons to resist or to surrender
Nessun commento:
Posta un commento