giovedì 30 ottobre 2025

Ecoco the Fight!

Ecoco de Fight!
えここdeふぁいと!
1999
Windows
Developer: CCLUB Flying Columns Party 

In un coacervo di mix media, moe, iper-consumismo apparentemente senza una logica (quando il tutto nasce da un condizionatore ad aria, è difficile trovarne una), si assiste alla genesi di prodotti dalla stessa indole, giocosa e curiosa, otaku-oriented e anarchica, definendo il periodo storico a cavallo tra i due secoli come ancora difficilmente inquadrabile, nel mezzo di questi personaggi/mascotte che si alimentano tramite l’archivio di dati, costumi da maid e orecchie da gatto, tanto semplici quanto coerentemente espressivi. In perfetta sintonia con la sua protagonista, Ecoco de Fight! è un’opera produttivamente piccina ma realizzata con passione, in grado di tramutare le limitatezze in una scelta estetica, e di senso ludico, imbastendo un platform dalla doppia natura di un certo spessore. 

Il fenomeno delle mascotte giapponesi, chiamate yuru-kyara (la parola giapponese yurui si traduce in "sciolto" o "traballante", ma può anche essere interpretata come morbida, rilassata o vulnerabile) si lega ovviamente ad un’evoluzione più ampia della cultura del kawaii sviluppatasi nel periodo post-bellico e consolidatasi nelle decadi seguenti, in particolare a partire dagli anni Settanta, in cui fu l’azienda Sanrio ad emergere con la creazione e la capillare diffusione di Hello Kitty e compagnia cantante. Le ragioni del loro uso trasversale, che spazia dalle aziende private, agli enti pubblici come scuole e servizi, sono molteplici e interconnesse: efficacia comunicativa (semplicità e riconoscibilità), “umanizzazione” delle istituzioni, appeal emotivo e ultimo, ma non meno importante, funzione di branding turistico e capacità di generare entrate da merchandising. Chiunque abbia messo piede almeno una volta nel paese del Sol Levante lo sa benissimo, Hello Kitty non è che la proverbiale punta dell’iceberg, la prima a superare i confini nazionali all’inizio degli anni Ottanta e a diffondersi in maniera capillare tra serie animate e prodotti correlati di merchandise, ma il mondo delle yuru-kyara è una tana del Bianconiglio e una volta che ci entri rischi di perdere letteralmente la ragione, specie quando inizi ad imbatterti in quelle più assurde, come Melon Kuma, dall’aria più spaventosa che kawaii, Udonnoww, le cui cervella sono composte da udon, o il lascivo Marimokkori, di stanza in Hokkaido (mokkori, come ben sa chi ha letto City Hunter, è un gergo che indica l’erezione). 

Tralasciando orsi cocomero e imbarazzanti protuberanze, la tradizione delle yuru-kyara non ha potuto che trovare nell’Akiba-kei e la sua cultura moe di fine secolo un naturale alleato. Dejiko, primo personaggio di un poi ampliato cast di “Di Gi Charat”, appare per la prima volta nel luglio 1998 sulla rivista promozionale From Gamers, edita per il negozio Gamers di Akihabara, per poi diventare in breve tempo la mascotte ufficiale della suddetta catena di negozi, di proprietà della compagnia di videogiochi Broccoli. Come illustrato da Hiroki Azuma in Dōbutsuka-suru Postmodern: Otaku kara mita Nihon Shakai (edito in Italia con il titolo Generazione Otaku – Uno Studio sulla postmodernità) “il personaggio elimina ogni singolarità e raduna e incastra, quasi fungesse da campionario, le caratteristiche più tipiche dell’estetica otaku”: orecchie da gatto (nekomimi), ciuffi di capelli a mo' di antenne e vestito da maid, tutti gimmick estetici in voga in quel periodo nella cultura moe. A Dejiko verranno affiancati ben presto altri due personaggi, Rabi-en-Rose e Puchiko, che seguono sostanzialmente lo stesso principio creativo: la prima, il cui vero nome è Hikaru Usada, è una coniglietta con un fisico meno caricaturale, più snello e forme più accentuate, mentre la seconda è la timida e pucciosissima sorella minore di Dejiko, la cui divisa scolastica ne esalta la più giovane età, nonostante siano tutte e tre ancora delle studentesse. 
Tutto questo sembra non c’entrare molto con il videogioco in esame e la sua protagonista, e invece è tutto collegato, ci stiamo arrivando. 


Siamo alla fine degli anni Novanta quando quattro compagnie, Daikin Industries, Hitachi, Mitsubishi Electric e Mitsubishi Heavy Industries, in collaborazione con le società energetiche, lanciano sul mercato giapponese un nuovo condizionatore ad aria chiamato Eco Ice, in grado di immagazzinare ghiaccio in estate e acqua calda in inverno, per generare così aria fredda o calda a seconda delle esigenze climatiche. La promozione di questo prodotto spettava alle compagnie energetiche di ogni regione, poiché la stagione estiva era alle porte, la maggior parte di esse scelse per le pubblicità un semplice pinguino, un animale che trasmetteva una sensazione di freschezza. Ma quella del Tohoku, la Tohoku Electric Power, decise di ingegnarsi un po’ di più, ingaggiò un’artista di manga shoujo, Yoshitomo Watanabe, per disegnare una mascotte con l’aspetto di una bambina di circa dieci anni, con indosso un costume blu e un cappello in testa a forma di pinguino con un fiocco rosso sulla sua sommità. Ricordiamo il contesto, è l’aprile del 1999, siamo nel pieno della bolla moe, Card Captor Sakura, che stava andando in onda, darà un rinnovato impulso allo stile lolicon nell’ambiente doujin, dopo che era calato dal suo boom degli anni Ottanta (sebbene i fan di suddetta opera e delle CLAMP forse non lo ammetteranno mai): il successo di “Ecoco”, così come venne chiamata dai fan ancor prima che venne deciso il suo nome ufficiale Ice Chan, fu immediato e travolgente. 


Centinaia di fanart invasero le emergenti bacheche online, vennero create strisce umoristiche e storie sul suo conto, furono indetti sondaggi per assegnarle un’ipotetica doppiatrice (tra cui emersero Sakura Tange, ovviamente, e Junko Iwao) e più generici sondaggi di popolarità. Sarà in particolare uno di questi, pubblicato dalla rivista “SPA!” nel dicembre del 1999, in cui si invitava a votare il “miglior personaggio nascosto” a far parlare di sé, dato che Ecoco si piazzò clamorosamente al primo posto, superando chi? Proprio lei, Di Gi Charat, la “regina di Akihabara”. Il guanto di sfida era lanciato. 
Almeno, questo è ciò che hanno immaginato artisti e semplici appassionati su questi due personaggi, ma del resto è così che funziona, in assenza di un vero e proprio autore che ne decide le gesta (che Azuma definisce “reame delle non-narrazioni"), sono i fan a prendere possesso del loro destino e delle loro vicende, ecco quindi lo scaturire di una presunta rivalità tra Ecoco e Dejiko, con quest’ultima gelosa del successo arrivato dal nulla della prima. 


Nel 1999, il gruppo doujin CCLUB Flying Column Party sviluppa Ecoco de Fight, un videogioco con protagonista la piccola Ecoco, intenta a fronteggiare una Dejiko che ha rapito i suoi amici pinguini in preda ad un atto di gelosia. Il gioco passerà tra varie fasi di sviluppo per essere definito compiuto nel 2003. Non ho trovato una vera e propria cronologia degli aggiornamenti ma questa era solitamente la prassi dei videogiochi doujin: il circolo di programmatori si presenta al Comiket con una versione “di prova”, le cui vendite iniziali hanno il duplice scopo di finanziare eventualmente i successivi aggiornamento, e di raccolta del feedback, per presentarsi poi idealmente all’edizione successiva (il Comiket si svolge due volte l’anno) con la versione definitiva. In pratica, l’equivalente degli odierni Early Access, seppur con un contatto molto più diretto con lo sviluppatore, visto che il potenziale acquirente doveva presentarsi fisicamente allo stand, ma il concetto, basato su un rapporto di fiducia tra le due parti, è il medesimo.


Avviando Ecoco de Fight si avrà accesso anche la versione finale, Puchiko de Fight, selezionabile nella schermata principale e comprendente tutti i contenuti aggiunti tra il 1999 e il 2003. Questa include ben quattro modalità: Game A, Game B, Story Mode e Time Attack. Nella modalità A saremo alle prese con un gioco a piattaforme a schermata fissa in cui l’obiettivo è fare piazza pulita dei nemici, in maniera del tutto simile a Bubble Bobble e suoi epigoni, sebbene i livelli tendano ad aprirsi dopo la prima metà. In questa modalità si possono selezionare altri personaggi, oltre a Ecoco, ovvero le tre protagoniste di Di GI Charat, Dejiko, Usada e Puchiko. Se Puchiko e Usada hanno un gameplay sovrapponibile a quello di Ecoco, Dejiko ha dal canto suo a disposizione un raggio a lunga gittata, in grado di colpire più nemici alla volta, seppur dall’hitbox abbastanza ristretto. 
Il Game B ricalca la struttura della controparte A, ma epura qualsiasi presenza di nemici, in questa modalità lo scopo diviene la raccolta di tutti i cristalli del livello prima dello scadere del tempo. 


È chiaro però che l’attrattiva principale del gioco è la modalità storia, in cui il gioco si trasforma in un vero e proprio platform a scorrimento laterale dove la scelta dell’eroina si limita a Ecoco o Puchiko che dovranno percorrere un totale di quattro mondi facendosi largo tra vari tipi di nemici. Con una meccanica che ricorda un po’ quella di Klonoa (oppure, se vogliamo tornare un po’ più indietro, a Monster Word IV), la protagonista, servendosi del suo compagno pinguino, è in grado di congelare i nemici per poterli poi afferrare e scagliare contro altri avversari, colpendone più alla volta si andrà ad effettuare una combo con relativo moltiplicatore di punti. Dopo aver salvato il secondo pinguino alla fine del primo mondo, Ecoco potrà congelare due nemici e quindi immagazzinare due colpi, nel corso dell’avventura ci imbatteremo anche in mostri che non possono essere congelati, quelli spinosi, mentre le palle di fuoco sono invincibili ma possono essere momentaneamente congelate per diventare delle piattaforme di appoggio. 


Nella sua essenzialità, Ecoco de Fight funziona dannatamente bene, non è un caso che sia diventato un piccolo cult nell’ambiente doujin. Le musiche sono molto orecchiabili e i livelli, pur non presentando chissà quali ingegnose trovate, sono scorrevoli e allo stesso tempo impegnativi al punto giusto. Non so quanto abbia inciso tutta la divertente vicenda di Ecoco e della sua creazione, oppure le sonorità e le estetiche dell’epoca, verso cui affondano inevitabilmente le origini di questa mia passione per i giochi del Sol Levante, ma è giocando i doujin come Ecoco de Fight o Touhou che ritrovo l’interesse verso il videogioco amatoriale più genuino, che non era solo nostalgia ma puro divertimento e sfida, con tutte le difficoltà che richiedeva programmarne uno nel 1999. È tutt’altra cosa rispetto a quel marasma di giochi indipendenti col filtro-nostalgia realizzati con Unity che affollano la libreria di Steam. Ecoco farà la sua apparizione in altri videogiochi, prima di sparire nei meandri della memoria ed essere ricordata solo da qualche artista su Twitter e Pixiv. Tra questi ovviamente c'è Glove on Fight, picchiaduro realizzato dal team doujin che darà poi vita ai franchise di Melty Blood e Under Night in-Birth sotto il nome di French-Bread, ma questa è un’altra storia che varrà la pena di raccontare.



Sources:
Link per scaricare il gioco: Puchiko_de_Fight.zip - Google Drive

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